L’università è formata da studenti, senza di loro mi domando a chi si potrà insegnare.

L’università è formata da studenti, senza di loro mi domando a chi si potrà insegnare.

 
Viviamo nell’epoca dei “5 minuti in padella”: se hai soldi impiegherai 5 minuti per mangiare i ravioli, la qualità è data dalla chimica dei sapori ben mescolati, lontani dall’esser veritieri. In 5 minuti lascerai dei cubi nella padella che diventeranno ravioli al sugo, sai dentro di te che quello che avevi messo in padella non era vero, confezionato chissà dove con chissà quali polverine (dette acidi..) che danno al palato il sapore, il gusto però ti accontenta al punto che non vedi l’ora di ricomprarli, magari assieme “2 minuti e vedrai, delle panatine non ti scorderai”..
Ecco com’è diventata l’istruzione d’oggi, è utile credere nella crescita dell’uomo tramite la conoscenza se è mangime per ricchi?
Chi avrà il potere sarà chi ha la possibilità di sapere? E se questa possibilità è negata ad uno semplice, povero ma interessato, il potere rimarrà elitario e strettamente legato alla moneta?
I docenti che accettano queste imposizioni dall’alto, pensando che gli studenti non mancheranno, si sbagliano; si accontentano del sapore dei ravioli in un mondo in cui l’importante sarà il poterli comprare. Poco importa se quei ravioli-studenti futuri avranno il vero stimolo che porta la sete di conoscenza, saranno falsi visto che sono solo le loro polverine-monete a renderli accettabili al palato dei professori.
Credo che sia veramente triste paragonare la vita dell’università ad un surrogato d’uno dei migliori piatti della cucina italiana. Credere che escludere le fasce più deboli dall’istruzione porterà giovamento nella cultura è pura follia, un passo indietro nella storia ci porta alle rivoluzioni che negli ultimi cinquant’anni partono da proteste universitarie per arrivare a cambiamenti sociali profondi…..

 

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